Quiet Quitting: lavorare, ma non troppo. L’ultimo trend che dilaga tra la Gen Z

“Quiet quitting is about bad bosses, not bad employees”. Così titola una recente ricerca apparsa su Harvard Business Review che analizza il Quiet Quitting, nuovo fenomeno che coinvolge il mondo del lavoro per cui i dipendenti sono disposti a svolgere solo lo stretto indispensabile compatibilmente con le ore definite da contratto e rifiutando straordinari, progetti extra e ulteriori responsabilità. 

Definita la “nuova buzzword” resa popolare da uno degli ultimi trend lanciati su TikTok (l’hashtag #quietquitting ha raggiunto in pochissimo tempo ben 8,2 milioni di visualizzazioni), a farsi promotrice della filosofia del quiet quitting è soprattutto la Generazione Z che sembra meno disposta rispetto alle altre a sacrificare il proprio tempo libero per qualche euro in più in busta paga. 

Quiet Quitting dilaga tra la Gen Z

Sono soprattutto i giovani nati tra il 1996 al 2005, infatti, a non essere più disposti a fermarsi in ufficio oltre l’orario di lavoro, anche se retribuiti, indice di una tendenza per cui, per le nuove generazioni, il denaro potrebbe non essere più la priorità principale sul lavoro o, quantomeno, non essere più il metro di scelta più importante quando si tratta di accettare un nuovo lavoro.

“Questa giovane categoria di lavoratori esige che i datori di lavoro si occupino di loro come persone nel loro insieme. E la capacità di comprendere il loro percorso di carriera vale più di una busta paga”.

Linda Jingfang Cai, vicepresidente per lo sviluppo dei talenti di LinkedIn

Quite quitting: è veramente un fenomeno nuovo?

In realtà, quiet quitting è solo un nuovo termine per definire un comportamento che è sempre esistito e che, come sottolineato dall’Harvard Business Review (e i dati lo confermano), riguarda meno la volontà di un dipendente di lavorare di meno e più la capacità di un manager di costruire relazioni con i propri dipendenti, requisito che le nuove generazioni pretendono sempre di più nel mondo del lavoro.

A dimostrarlo è uno studio condotto da Jack Zenger e Giuseppe Folkman e recentemente pubblicato su Harvard Business Review. I due studiosi hanno esaminato i dati raccolti dal 2020 su 2.801 manager, che sono stati valutati da 13.048 dipendenti diretti. Come mostrato dal grafico, manager meno efficaci hanno da 3 a 4 volte più persone che rientrano nella categoria “quiet quitter” rispetto a leader più efficaci, i quali, invece, hanno visto il 62% delle loro e dei loro dipendenti diretti disposti a fare uno sforzo extra, e solo il 3% di “quiet quitter”. 

Quiet Quitting dilaga tra le giovani generazioni.

Fonte: Harvard Business Review. 

Nel 2023, il 74% delle persone appartenenti alla Gen Z e dei Millenial ha intenzione di cambiare azienda

Secondo una recente ricerca di Workplace Intelligence, agenzia di ricerca e leadership focalizzata sul mondo del lavoro, tre Millenial e Gen Z su quattro sono intenzionati ad abbandonare il posto di lavoro entro la fine dell’anno a causa della mancanza di opportunità di crescita all’interno della propria azienda. I dati diramati dal Ministero del Lavoro, per altro, confermano la tendenza delle generazioni più giovani ad abbandonare posti di lavoro non appaganti: nei primi nove mesi del 2022, infatti, le dimissioni volontarie sono aumentate del 22% rispetto all’anno precedente, arrivando a 1,66 milioni.

Come gestire il quiet quitting in azienda

Assumere e trattenere giovani lavoratori è sempre più difficile, per questo è necessario che le aziende mettano in campo nuove strategie. Tra queste, ultimamente si parla molto di Internal Reshuffle e Quiet Hiring, percorsi attraverso i quali le aziende riescono a ricollocale al proprio interno persone decise ad andarsene grazie a nuovi incarichi e responsabilità e a un mirato programma di formazione: il primo consiste nella mobilità interna legata al saper fare delle persone, che deve anche essere sviluppata attraverso la formazione; il Quiet Hiring – assunzione silenziosa – è un percorso aziendale di acquisizione di nuove competenze senza assumere altre persone, ma coinvolgendo quelle presenti.

Costruire un ambiente di lavoro inclusivo, sicuro e positivo, dove relazioni e rapporti di fiducia tra persone sono messi al primo posto, è fondamentale per mantenere alti livelli di engagement e fare in modo che tutte le persone si sentano veramente parte dell’organizzazione. 

Inoltre, tener presente questo significa attrarre – ma anche trattenere – talenti delle giovani generazioni, contribuendo a ridurre il divario nell’accesso a un’equità lavorativa, a soddisfare la necessità crescente di competenze digitali e innovative all’interno delle organizzazioni e a dare nuova linfa al proprio business.

Conoscere le diversità generazionali e saperle gestire è fondamentale per le organizzazioni per ottenere un vantaggio competitivo sulle altre aziende.

La tua azienda organizza percorsi di formazione e valorizzazione delle diversità generazionali in azienda? Vuoi saperne di più?

Contattaci!

Iscriviti alla nostra Newsletter per ricevere gli ultimi aggiornamenti su Diversity, Equity & Inclusion in Italia e nel mondo: eventi, aziende, progetti, formazione, approfondimenti e risorse gratuite per il mondo della DEI.