Lo sapevate che si può dire l’architetta, la giudice, la presidente senza temere di incappare in clamorosi errori di italiano? GiULiA – Rete delle Giornaliste Unite Libere Autonome ha promosso la pubblicazione di “Donne, grammatica e media – Suggerimenti per l’uso dell’italiano“, una guida scritta dalla docente di linguistica Cecilia Robustelli e curata dalla giornalista Maria Teresa Manuelli. Pensata soprattutto per i giornalisti, la guida contiene proposte operative, utili a far superare dubbi e perplessità circa l’adozione del genere femminile per i nomi professionali e istituzionali. Maria Teresa Manuelli racconta a Work Wide Women come è nata l’idea e cosa può cambiare.
Perché un manuale sulla grammatica?
Perché un libro sulla grammatica? Ce l’hanno chiesto in tante e tanti. Dicendoci “con tutti i problemi che hanno le donne, potevate scegliere un tema più urgente…”. Ma noi abbiamo voluto partire dai fondamenti, convinte che rispettando l’italiano si rispettino anche le italiane. Giochi di parole a parte, crediamo che la prima forma di rispetto sia quella di riconoscere l’altro, in questo caso l’altra, come esistente, come presente, come pari nella sua diversità. Solo togliendo le donne dall’invisibilità si comincerà a riflettere sulle donne, a trovare normale che una donna raggiunga posizioni apicali e carriere finora solo maschili. Riconoscere il genere è riconoscere quindi l’esistenza di una presenza. In italiano il genere esiste, non c’è il neutro, gli esseri animati sono declinati al femminile e maschile. Un esempio che fa Robustelli è quello riguardo al numero: dire uno non è uguale a dire due, allo stesso modo dire ingegnera non è uguale a ingegnere.
Quali sono gli errori più frequenti dei giornalisti?
Gli errori sono tantissimi e nella guida ne abbiamo raccolti solo alcuni, più rappresentativi. Ovviamente, i nomi che trovano maggiori difficoltà a essere utilizzati sono quelli meno frequenti, come medica o ingegnera, per esempio. Ma è solo questione di abitudine. Ci siamo abituati a termini ben peggiori, come cyberbullismo. Una volta superato lo scoglio della terminologia, però, sorge un altro problema, ben più complesso e difficile da dirimere: la sintassi. Quando ho dei termini al femminile e al maschile, come devo coniugare la frase? Devo ripetere tutto con la doppia desinenza? Posso accordare tutto con il maschile inclusivo? Non è un problema da poco, specie per chi fa il nostro mestiere e ha problemi di spazio e immediatezza della comunicazione. Con molto buon senso e praticità abbiamo cercato di dare risposta anche ai problemi di sintassi.
Quale sarà l’impegno della rete GiULiA per promuovere questo lavoro?
La nostra guida è stata accolta con entusiasmo praticamente da tutti (segno che forse se ne sentiva il bisogno). Tanto da ricevere il patrocinio di Inpgi, Fnsi, Ordine dei Giornalisti della Lombardia e Ordine dei Giornalisti del Lazio. Inoltre, Snoq Donne e Informazione e Commissione Pari Opportunità Usigrai ci hanno dato il loro sostegno. Il nostro impegno è darne la massima diffusione all’interno delle redazioni e tra le colleghe e i colleghi. In questo contiamo molto sull’aiuto alla diffusione da parte degli ordini regionali e degli organismi di categoria. Poi stiamo organizzando diverse presentazioni in giro per l’Italia, per farlo conoscere maggiormente e diventerà uno dei libri di testo dei vari corsi che stiamo organizzando come Gi.U.Li.A. all’interno della formazione permanente per i giornalisti. Perché la guida è pensata proprio per chi opera nei media.