Negli anni Quaranta, seppur la Costituzione garantisse uguaglianza formale di genere, la donna non aveva gli stessi diritti degli uomini e faticava a conquistarsi un posto nella società.
In Italia le donne potevano votare già dal 1924, però solo a livello locale: celebriamo questa data perché, nel 1945, in Italia fu concesso per la prima volta il suffragio femminile.
Il 30 gennaio 1945 nella riunione del Consiglio dei Ministri, come ultimo argomento, si discuteva del voto alle donne. La questione fu esaminata con poca attenzione ma la maggioranza dei partiti (a esclusione di liberali, azionisti e repubblicani) si dimostrò favorevole all’estensione. Fonte: Wikipedia |
Cenni storici sull’emancipazione femminile in Italia
La condizione socio-economica delle donne in Italia era profondamente svantaggiata rispetto a quella degli uomini, in quei tempi. Per esempio, le donne che lavoravano, guadagnavano la metà e, spesso, il loro lavoro non era nemmeno considerato “lavoro”, quindi non venivano pagate.
Nel 1902 il Governo aveva approvato una legge che imponeva un salario minimo per le lavoratrici ma, contemporaneamente, aveva reso illegale l’assunzione femminile in una serie di mansioni ritenute inappropriate (per esempio fabbriche e agricoltura). In quegli anni, inoltre, per le donne era difficile studiare perché, sebbene ammesse dal 1874 nei Licei e Università, la maggioranza delle loro domande veniva respinta.
Nel 1908 la Regina d’Italia sostenne il Primo Congresso delle Donne Italiane, con cui approvò la creazione di un sostegno finanziario e di un sistema pensionistico per le donne, nonché l’assistenza sanitaria in gravidanza, ma fu solo dopo la Prima Guerra mondiale, con gli uomini impegnati nelle battaglie, che le donne iniziarono a lavorare nei campi e nelle fabbriche, dimostrando di fatto di poter svolgere le stesse mansioni, pertanto la richiesta di suffragio universale divenne urgente.
Il 1° febbraio 1945 le donne italiane finalmente ebbero diritto di voto: in quell’anno si espressero per la prima volta alle Elezioni amministrative e, nel 1946, votarono nel Referendum per scegliere tra Monarchia e Repubblica.
Le donne nella politica in Italia
L’accesso al voto è un potente strumento per guidare il cambiamento e trasformare le comunità. L’estensione del diritto di voto alle donne avrebbe potuto essere il trampolino per la lotta per l’uguaglianza già in quegli anni, sia sul posto di lavoro, che nello studio così come nelle cabine elettorali, invece la presenza femminile nella politica italiana non è ancora così diffusa.
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Questi grafici, tuttavia, ci mostrano come il dato sia comunque in aumento sia per quanto riguarda la Camera che il Senato. Per quanto riguarda invece gli organi delle Regioni, la presenza femminile nelle Assemblee regionali italiane si attesta in media intorno al 21,9% a fronte della media registrata a livello UE, pari al 34,2% (fonte: EIGE).
Fonte: Dossier 104 Camera dei Deputati – Servizio Studi
Cosa succede nel resto del mondo?
Per quanto riguarda l’Europa fu nel 1906 quello che, in seguito, divenne la Repubblica di Finlandia, il primo Paese a concedere a tutte le donne e a tutti gli uomini sia il diritto di voto che il diritto di candidarsi alle cariche. Guarda la timeline del diritto di voto nel mondo, su Wikipedia
Negli Stati Uniti sono trascorsi più di cento anni dalla storica ratifica e adozione del 19° emendamento e, nonostante si sia assicurato il voto alle donne bianche della classe media, ancora oggi, molte minoranze vengono disincentivate al voto. Una larga fascia di americani ancora non godono del pieno diritto di voto, gli sforzi di repressione degli elettori persistono e prendono di mira in modo sproporzionato gli elettori di colore, gli immigrati, gli elettori LGBTQ+, gli elettori con disabilità e, di conseguenza, molte donne che vivono all’intersezione di una di queste identità.
L’emancipazione femminile è ancora “work in progress”
Il processo che dal 1963, ovvero quando le donne iniziarono a far parte dei partiti politici e a ricoprire tutte le cariche, fino ai giorni nostri, è stato controverso e difficile da portare avanti. Oggi le donne italiane sono più emancipate, sono libere di votare, hanno gli stessi diritti degli uomini, possono essere madri, lavoratrici, imprenditrici eppure c’è ancora tanto da fare: è difatti molto facile celebrare un anniversario, ma il punto sta altrove perché il riconoscimento del diritto di voto fu visto ed elargito come una vera e propria concessione, non di certo fu riconoscimento di un diritto acquisito.
Approfondimento: Leadership femminile e partecipazione politica, studio di UN Women
Se in questa data celebriamo l’ingresso in politica delle donne nel nostro Paese, dall’altra non dobbiamo dimenticare le aspettative disattese. La storia italiana è un susseguirsi di luci e di ombre e non è sufficiente il diritto di voto per sbloccare le libertà sociali. Per dare un valore reale al voto femminile, il Governo avrebbe dovuto farlo accompagnare da un reale cambiamento sociale, cosa che non fu allora e, per tanti versi, anche adesso non è al punto in cui dovrebbe trovarsi.
L’anniversario del 30 gennaio non deve essere solo una celebrazione, deve essere un invito all’azione: la questione della rappresentanza politica non può essere disgiunta da una riflessione complessiva sul ruolo odierno delle donne nei vari ambiti sociali.
In Italia le donne potevano votare già dal 1924, però solo a livello locale: celebriamo questa data perché, nel 1945, in Italia fu concesso per la prima volta il suffragio femminile.
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