AI e Pregiudizi: guida all’addestramento senza bias

Man mano che l’Intelligenza Artificiale (AI) si fa strada nelle nostre vite quotidiane, la stiamo imparando a conoscere e un punto fondamentale che stiamo capendo, come sottolineato anche da Alexei Oreskovic nel suo recente articolo “The biggest problem with AI is us” apparso su Fortune.com, è che una delle maggiori limitazioni dell’AI non riguarda tanto la tecnologia in sé, quanto piuttosto noi esseri umani.

Ma cosa significa esattamente?

I modelli generativi di AI lavorano analizzando vaste quantità di testi, immagini e altri tipi di dati forniti dagli esseri umani, imparando a individuarne schemi, stili e tendenze: attraverso questo processo, noto come “apprendimento automatico”, con il tempo questi modelli diventano sempre più capaci di creare contenuti che imitano in modo convincente il modo di esprimersi degli esseri umani. Va da sé che “i pregiudizi che inducono i sistemi di AI a fare false supposizioni su determinati gruppi di persone o a sbagliare l’identificazione delle persone non bianche nel riconoscimento facciale, sono essenzialmente un riflesso dei pregiudizi prevalenti nella società” (Alexei Oreskovic, “The biggest with AI is us”), rendendo essenziale un’attenta revisione dei dati utilizzati nell’addestramento delle AI per garantire che i modelli generativi operino in modo equo, trasparente e privo di bias.

Ma se le AI apprendono dai dati che forniamo noi, come possiamo assicurarci che non siano influenzate dai nostri stessi pregiudizi?

La risposta è piuttosto semplice: addestrandole in modo da rimuovere i pregiudizi e incorporare la diversità e l’inclusione fin dalle fasi iniziali del processo di sviluppo. Questo significa coinvolgere team di sviluppatori con background differenti, in modo che possano identificare e mitigare potenziali bias. Un altro elemento chiave in questo processo è il coinvolgimento di persone e aziende esperte in diversità e inclusione, in grado di fornire una guida essenziale per assicurare che l’AI sia formata in modo equo e inclusivo. 

Un altro approccio consiste nell’impiego di tecniche di apprendimento automatico che identificano e correggono i bias nei dati. Queste tecniche possono includere algoritmi progettati per rilevare e compensare distorsioni specifiche. Inoltre, l’adozione di un processo di revisione e validazione continuo, che include feedback da parte di esperti e utenti, può aiutare a mantenere l’integrità e l’equità dei modelli di AI.

Infine, la trasparenza e la responsabilità sono cruciali. Gli sviluppatori di AI dovrebbero essere aperti riguardo alle metodologie utilizzate e ai possibili limiti dei loro sistemi. L’istituzione di norme e linee guida etiche, sia a livello aziendale che governativo, può fornire un quadro per garantire che le intelligenze artificiali operino in modo equo e non discriminatorio.

AI: da nemica a preziosa alleata della DEI

In questo contesto, l’AI può trasformarsi da nemica della DEI a preziosa alleata: un esempio sono i Large Language Models (LLM) basati sull’intelligenza artificiale che possono essere specificatamente addestrati per eliminare linguaggi e terminologie distorte o escludenti negli annunci di lavoro, per garantire che i gruppi storicamente sottorappresentati, come le persone con disabilità, non vengano scoraggiati o dissuasi dal candidarsi per un determinato ruolo.

In definitiva, AI e DEI in che direzione stanno andando? E come possiamo essere protagoniste con le nostre PA, aziende e istituzioni, di questo processo di cambiamento nella Digital Transformation? Utilizzando AI prive di bias per eliminare pregiudizi nei processi decisionali e nelle pratiche di assunzione, ma anche promuovendo un’educazione e una formazione continua sulla diversità e l’inclusione per un utilizzo più consapevole di questo tipo di strumenti: incoraggiare un approccio proattivo nel monitoraggio e nell’aggiornamento continuo dei modelli AI è essenziale per garantire che i progressi nella digitalizzazione siano allineati con i valori di diversità e inclusione. 

Solo in questo modo, PA, aziende e istituzioni possono guidare efficacemente il cambiamento verso una Digital Transformation inclusiva e consapevole, che non solo abbraccia la tecnologia ma anche i valori umani fondamentali.

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