Attraverso le vostre storie veniamo a contatto con testimonianze di donne che ci ispirano e che ci permettono di far conoscere tanti differenti punti di vista e motivare altre donne che, scoprendoli, si sentono a loro volta ispirate. Questa condivisione è una delle mission di Work Wide Women e quando abbiamo conosciuto Francesca Corrado ci è sembrata un’ottima idea condividere con voi la sua esperienza e le storie che ci racconta attraverso i suoi libri.
In attesa di conoscerla alla presentazione del prossimo 23 maggio presso TIM WCap a Bologna, queste sono le domande a cui ha risposto per la nostra Community: un vero e proprio incoraggiamento a non lasciarci mai abbattere dalle avversità e, anzi, a imparare a sfruttarle a nostro favore. Buona lettura!
La bellezza dell’errore e il suo valore pedagogico: esiste una particolare “spinta” che dobbiamo trovare in noi per considerarli un’opportunità?
La motivazione che muove ogni nostra scelta o azione è soggettiva ma conoscere quella spinta ci aiuta a raggiungere i nostri obiettivi relazioni, professionali, sociali. Per approcciarsi all’errore in modo diverso – accettandolo, analizzandolo, sfruttandolo a proprio vantaggio – è necessario avere come spinta il desiderio di migliorare se stesse a partire da una maggiore consapevolezza delle proprie ombre e dei punti di debolezza. Solo migliorandosi è possibile raggiungere più facilmente quegli obiettivi che reputiamo importanti.
Come approcciarsi in modo diverso agli errori e ai fallimenti? Scegliendo di sviluppare il giusto mindset che nel libro chiamo antifragile.
L’antifragile contiene in sé la fragilità, che non rinnega, sia la resilienza in una forma più evoluta. Durante il nostro incontro del prossimo 23 maggio a Bologna tratteremo nel dettaglio quali sono gli ingredienti di un giusto mindset.
Qual è secondo te l’atteggiamento femminile quando si parla di errori e fallimenti?
Ho dedicato al tema un capitolo del mio libro: Una questione di genere. Le donne, a differenza degli uomini, sono più sensibili all’errore perché sono educate alla perfezione. Devono dimostrare – in ogni circostanza – di essere brave, responsabili, impeccabili e accomodanti.
Qual è la conseguenza di questo tipo di educazione:
- Tendono a rimuginare molto di più degli uomini sugli errori commessi
- Sentono più frequentemente vergogna e senso di colpa
Le ricerche dimostrano che le donne in posizione di leadership, o in posti occupati tradizionalmente dagli uomini, sono giudicate più duramente per i loro sbagli. L’errore diventa un metro con cui valutare, in modo errato, capacità e competenze. Questa relazione sempre più stretta tra perfezione e competenza le porta a temere in misura maggiore l’errore, ad assumersi meno rischi rispetto agli uomini e ad esporsi solo se sicure di poter raggiungere l’obiettivo. Più alto è il loro QI più vi è la possibilità che rinuncino a provare.
La tua esperienza diretta: ti va di raccontarci una delle cadute che, a suo tempo, hai considerato un fallimento ma che poi hai sfruttato traendone vantaggi e imparando lezioni importanti?
L’idea della Scuola è nata da una riflessione personale sulla mia percezione di errore e fallimento, sul mio inutile tentativo di agire inseguendo la perfezione e, soprattutto, dalle lezioni che la vita mi ha offerto.
Fino al 2014 avevo una start up innovativa, un contratto di Docente di Teorie Economiche, un fidanzato e una casa. Il mio apparente annus horribilis è stato il 2015: ad un tratto non avevo più né una società, né una cattedra, né un fidanzato, né una casa. Nel frattempo le condizioni di mio padre, malato di Alzheimer, erano peggiorate. Ero davvero a terra e molto arrabbiata. Dopo aver rielaborato i fatti, dato la colpa agli altri ed essermi colpevolizzata, non riuscivo a intravedere una strada alternativa.
E continuavo a chiedermi il perché a me e perché dovesse succedere tutto nello stesso istante.
Quando ho perso il lavoro e la casa, sono tornata per un po’ di tempo dai miei genitori in Calabria (io vivo a Modena). E lì ho iniziato a focalizzare la mia attenzione non sui miei fallimenti ma su mio padre. Volevo aiutarlo, capire meglio quello che stava vivendo e il perché smettiamo di ricordare chi ci ama. Ma proprio la sua malattia mi ha aiutata a capire che stavo osservando la mia vita da una angolazione sbagliata.
E così, a un certo punto, è nato il desiderio di rimettere in discussione le mie certezze e i miei errori. Mi sono rimessa al lavoro per costruire qualcosa di nuovo facendo tesoro di ciò che aveva appreso nel mio cammino. La lezione più importante che ho imparato è stata questa: ci sono cose che si perdono per sempre, come la memoria di mio padre, ma ci sono cose che si possono riconquistare. E allora è su quelle che dobbiamo ripartire, anche se ripartire è doloroso.
Nella nostra Community ci sono molte ragazze che, per la paura di fallire, rinunciano a molte opportunità: qual è il messaggio che vuoi inviare?
Le invito a coltivare la cultura del fallimento nella propria vita personale e professionale e a scegliere, nel dubbio, sempre ciò che è in sintonia con i propri desideri e ciò che appassiona per davvero.
Cultura significa coltivare.
Cultura del fallimento significa coltivare il rischio, senza la paura del giudizio altrui che spesso è un brusio, un rumore di sottofondo che non fa musica; coltivare la capacità di ripartire subito e riprovare mettendo a frutto la lezione appresa con l’insuccesso; significa migliorarsi costantemente e non essere migliori degli altri. È difficile per noi osare e rischiare, accettare l’errore ma è anche difficile accettare di essere fallibili. Ma nel gioco, come nella vita, o vinci o impari e, allenandoci grazie a questa strategia, i risultati che si ottengono sono inimmaginabili.
Hai una storia da raccontarci? Un successo personale, professionale, un traguardo raggiunto? Raccontaci come è andata: ti intervisteremo e pubblicheremo la tua storia!
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